#9. Inventandolo
C'è da premettere che fin dal 1824, su incarico dello Stato francese, il famoso chimico Joseph-Louis Gay-Loussac (1778-1850), aveva approntato una tabella di riferimento nella quale si poneva in relazione univoca la densità relativa di una miscela idroalcolica, alla temperatura di 15°C, ed il suo contenuto percentuale in etanolo. Un'altra tabella consentiva, poi, di effettuare la necessaria correzione, nel caso che la lettura dell'alcolometro fosse avvenuta ad una temperatura diversa da quella stabilita. queste tabelle di riferimento erano state compilate con tale accuratezza che restarono ufficiali in Francia sino al 1884. Anzi anche le tabelle ufficiali che subentrarono poi e stabilite dal Bureau National des Poids et Mesures, differirono ben poco da quelle dei Gay-Loussac, essendo la differenza dovuta soltanto ad una più precisa determinazione della densità dell'alcol assoluto. Nel caso dei vini però si doveva forzatamente premettere un procedimento di separazione, che consentisse di allontanare l'etanolo da tutte quelle sostanze contenute nel vino che ne modificavano la densità relativa, impendendo di valutare la gradazione alcolica per via densimetrica. Questo processo è la distillazione, ben conosciuto già dagli alchimisti e che con qualche attenzione era attuabile con ottimi risultati nei laboratori dell'epoca.
Per comprendere quale fosse la situazione, occorre rifarsi alle condizioni economiche, tecniche ed alle infrastrutture del tempo. Anche il possesso di un semplice distillatore non era cosa frequente, limitata ai laboratori ufficiali di controllo, di qualche Istituto di studi superiori o grosse distillerie. I costi erano fuori dalle possibilità della gran parte dei produttori e la difficoltà di reperire artigiani in grado di realizzare gli apparecchi con la necessaria accuratezza, era alta. L'idea, poi, di spedire campioni da analizzare altrove era utopistica. Fortissima era l'attesa inespressa per un apparecchio piccolo, semplice e di costo contenuto. Essendo il distillatore previsto da Guy-Lussac non certo facile da trasportare, un altro studioso ed industriale, il francese Jules Salleron (1829- 1897) ne propose una versione più piccola e meno ingombrante. Ma come osservava nel 1874 il Maumemé nel suo trattato: Le petit appareil disposé par M. Salleron a de véritables avantages; mais il est difficile d'éviter un écueil auquel il est exposé, comme tous les instruments dont les pièces sont petites et doivent pourtant donner une assez grand prècision. Ainsi les thermomètres et les alcolomètres, malgré tous les soins qu'on y donne, ne sont pas toujours d'une exactitude suffisante... (traduzione: Il piccolo apparecchio messo a disposizione dal signor Salleron ha dei vantaggi evidenti; il problema è che è difficile evitare un intoppo a cui, come lui, sono esposti tutti gli strumenti in cui gli elementi sono piccoli e quindi devono esprimere grande precisione. Infatti i termometri e gli alcolometri, nonostante la tanta cura con cui si trattano, non sono sempre di un'esattezza sufficiente...)
Volenterosi studiosi cercarono, nei primi dell'Ottocento, di costruire apparecchi per la determinazione del grado alcolico dei vini fondati sull'ebulliometria. Per tutti se ne rammentano brevemente tre: l'enoscopio centisimale di Tabrié, l'ebullioscopio a quadrante di Brossard-Vidal e il termometro alcolometrico di Conaty (Maumené, 1874).
Nel settembre 1824, l'abate Brossard- Vidal, professore di fisica e rettore del Collegio di Tolone, brevettò un ebullioscopio a quadrante (figura 1). La temperatura di ebollizione, variabile col grado alcolico, provocava un cambiamento di volume e il conseguente spostamento del galleggiante e tramite questo una diversa rotazione dell'ago sull'apposito quadrante. La temperatura giusta si manteneva per pochi secondi poiché i vapori alcolici sfuggivano da un'apertura posteriore della caldaietta e quasi subito la temperatura si modificava, inoltre bastava che la parte del mercurio si perdesse perché tutta la taratura divenisse inutilizzabile.
In questo periodo è da apprezzare l'ingegnosità degli inventori ma non certo la praticità dei loro strumenti, intrasportabili e di difficile impiego che infatti non ebbero alcun successo. Nel 1848 l'abate Brossard-Vidal presentò ancora un nuovo apparecchio all'Accademia delle Scienze, che però risultava impreciso. L'abate si spense nel 1863, lasciando una sorella nubile signorina Marie Euphrésine Elisabeth Brossard-Vidal che si ritrovò in miseria. Qui entrò in scena Pierre Marie Edouard Malligand, facoltoso commerciante di vini, titolare della ditta E. Malligand Fils, con sede a Parigi, negli anni settanta dell’Ottocento, in Boulevard St.Michel n.1. Egli, da uomo caritatevole quale era (e probabilmente amico dell'abate), oltre a soccorrerla, si interessò del perfezionamento dell'apparecchio dell'abate, per fornire alla sorella una fonte di reddito. Per far ciò associò al tentativo un fisico dell'école Centrale, Victor auguste Wiesnegg ed i fratelli Alvergniat, soffiatori di vetro e costruttori di termometri. Le prove ed i miglioramenti proseguirono pe ben 12 anni e fu solo nel 1874 che finalmente un ebulliometro ben funzionante fu presentato all'Accademia delle Scienze. Purtroppo la sorella dell'abate si spense proprio poco prima del positivo esito finale.
Fu così che nella seduta del 5 maggio 1875 , il barone Thènard, presidente di un'apposita commissione d'esame, presentò l'ebulliometro proposto da Malligand al giudizio dell'Accademia. La commissione espresse giudizi estremamente positivi e pervenne alle conclusioni seguenti (Macagno 1875):
1) se la maggior parte delle materie sciolte nei vini aumenta il punto di ebollizione nei vini, vi sono altre materie che lo abbassano, tali sostante si trovano in tutti i vini ma in proporzioni variabili;
2) nei vini in cui la fermentazione è completata, la compensazione fa sì che il punto di ebollizione corrisponda ad una miscela idroalcolica di ugual forza;
3)nei vini liquorosi o contenenti zucchero, è sufficiente diluire il vino a metà con acqua e raddoppiare il valore letto per avere il risultato esatto;
4)l'errore massimo osservato fu di solo 1/6 di grado e, nella maggior parte dei casi, non superò i 1/20 di grado;
5)l'operazione è facile e rapida;
6)gli ebullioscopi sinora costruiti sono confrontabili tra loro; 7) pertanto l'apparecchio di Malligand fornisce il mezzo migliore finora conosciuto per titolare l'alcol di vino (evitando la distillazione, beninteso)
Il barone Thènard si era lasciato un po' prendere la mano: alcune imperfezioni erano insite nell'apparecchio. Malligand unì nel suo ebulliometro alcune caratteristiche positive che, nei limiti insiti nel metodo ed ineliminabili, pur lo resero veramente pratico e adatto alle finalità volute. Egli, riuscì quindi nella ristrutturazione: tutti gli elementi del problema vengono riorganizzati, visti sotto un nuovo profilo, combinati in m odo differente, così da ottenere una soluzione produttiva. Il successo di tale ebulliometro, passato alla storia con il nome del suo ideatore, fu rapido e irreversibile in tutti i Paesi vitivinicoli, a testimonianza delle sue doti che veramente consentirono di venire incontro alle esigenze di ragionevole precisione, semplicità d'uso, trasportabilità e robustezza indispensabili nell'ambiente di pratici e commercianti in cui veniva impiegato.
Fonti:
-testo di Mario Castino (ceduto dall'Accademia di agricoltura di Torino CXLVII, 2004-2005) pubblicato ne L'Assaggiatore del 03/04/2010
-Il Blog "La Chimica e la Scienza"
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